di Giuseppe De Marco, Avvocato Fondatore di LegalSanità.
Dio ci vuole bene. Evidentemente. Siamo abituati già, del resto, a credere che quando soffriamo voglia dire che Dio, per operare, ci ha scelto (“la sofferenza è la via della trasformazione e senza sofferenza non si trasforma niente”, Benedetto XVI, discorso 25.07.2005).
Oggi ha scelto tutti noi, tutto il mondo. E così siamo tutti per una volta nella stessa barca, come ha detto Papa Francesco, ad affrontare la tempesta.
Chiediamoci però: abbiamo una direzione? Siamo diretti soltanto verso la meta più prossima, ossia la sconfitta del virus e la nostra vittoria, oppure abbiamo, provvidenzialmente, una direzione profonda verso una meta umanamente più generale e importante? Per esempio, “Superare la superficialità della vita, che va da una cosa all’altra senza mai riflettere sul senso dell’insieme” (C. Maria Martini, Colti da stupore, 2012).
Quanti in questi giorni esprimono pensieri sull’esperienza storica che stanno vivendo! Facendo la tara delle singole e comprensibili esperienze umane, nonché dei relativi particolari modi di espressione, ci troviamo sempre a registrare il peso specifico di una esperienza comune, un preciso bisogno planetario: vivere qualitativamente meglio la stessa (anche se non sarà più la stessa) vita che ci è stata donata.
Prima che arrivasse la “tempesta” eravamo arrivati a reclamare addirittura il diritto alla felicità. Non bastava più la salute, doveva esserci la buonissima salute.
La tempesta che stiamo vivendo ci lascerà l’unità di misura dei nostri limiti, la chiave di lettura della differenza tra noi e chi ci ha creato. la password con cui entrare nell’applicazione “Essenziale”.
Il tempo non inganna, Dio non ci abbandona. È l’occasione per dire di sì. Se non possiamo uscire, possiamo tuttavia aprirci, aprirci al segno, alla volontà non nostra. “Da colui che ha fatto te, non allontanarti neppure per andare verso di te” (cit.S.Agostino, Lumen fidei. Enciclica sulla fede, Jorge Bergoglio).
Capiremo che la felicità non è necessaria, qui ed ora. L’amore basta (“la gente muore per fame d’amore”, M. Teresa di Calcutta), e avanza pure una fiducia religiosa con cui costruire consistenti rapporti umani anche tenendoci per anni a un metro di distanza.
Forse la distanza tra noi serve per mettere in mezzo Cristo, e sentirlo tutti più vicino e attraverso di lui essere più solidali.
Con la tempesta ancora in atto, Dio ha messo la punteggiatura a un modo di vivere sgrammaticato.
Andrà tutto per il meglio, perché bene già è andata fino qui.
Giuseppe De Marco